Kurt Vonnegut: So it goes




Questa speciale puntata di BBC Arena, intitolata So it goes, è del 1983 (la regia è di Nigel Finch). Un documentario unico per scoprire l'universo creativo di Kurt Vonnegut, uno dei più grandi scrittori americani. 

Per le traduzioni degli estratti ho seguito queste versioni:
Il grande tiratore (Pier Francesco Paolini), Mattatoio n.5 (Luigi Brioschi), Ghiaccio-nove (Delfina Vezzoli), La colazione dei campioni (Attilio Veraldi).





Tutti noi pensiamo alle nostre vite come fossero delle storie, mi sembra, e sono convinto che psicologi, sociologi, storici e così via, farebbero bene a rendersene conto. Se mediamente una persona vive per un periodo di sessanta o più anni, è molto probabile che la vita di lui o di lei, pensata come fosse una storia ben definita, sia terminata, e quel che le resta da vivere sia l'epilogo.
La vita non è finita, ma la storia sì.

Il primo avo chiamato Vonnegut arrivò ad Indianapolis poco prima della guerra civile, nel 1855. Forse... e all'epoca faceva il commerciante. E aveva deciso di vendere la seta, immagino che tutto quello che indossasse, tranne le scarpe, fosse fatto di seta, quando arrivò ad Indianapolis, mostrando quanto avesse fiducia in quel materiale. Invece, poco tempo dopo, mise su un emporio, vendendo pale, picconi, fucili e tutta quella roba lì. Quando ero un bambino, c'era in effetti questo grosso negozio di attrezzi ad Indianapolis, la Vonnegut Hardware Company. Infatti ho lavorato lì come addetto ai montacarichi, lavorando nei magazzini e così via sin da quando ero ragazzo. Abbiamo parlato di quel ramo familiare - quello del negozio d'attrezzi - e ci siamo sentiti superiori. Mio nonno era un architetto. Mio padre divenne suo socio, poi arrivò la Grande Depressione e non ci furono più grandi affari nel campo dell'architettura. Le costruzioni vennero interrotte. E così mio padre, quando l'ho conosciuto, era un uomo demoralizzato, come se non ci fosse nessun altro lavoro da fare per lui. E aveva tutti i motivi per essere scontroso e malinconico, dato che per lui non c'era modo di guadagnarsi da vivere. Per questo stava attraversando un periodo di grosse difficoltà, quando l'ho conosciuto. Durante la Depressione, quando le persone cercavano soluzioni radicali ai problemi economici, le famiglie divennero tecnocratiche, perché pensavano che scienziati, ingegneri e matematici dovessero guidare il mondo - che quelle fossero le uniche persone dotate di buon senso.


Questa è l'automazione, il modo di manifatturare oggi. Questa è la sfida di oggi: affrontare la competizione e i costi crescenti andando passo dopo passo verso la meccanizzazione. Una continua produzione automatizzata. 


La General Electric mi raggiunse quando lavoravo a Chicago come reporter del giornale locale, avevano avuto l'idea di prendere veri giornalisti che lavorassero per loro, scrivendo delle cronache sulle scoperte fatte alla General Electric. Avevo una famiglia e quasi non riuscivo a tirar su abbastanza soldi per sostenerla, così ho iniziato a scrivere storie brevi nei weekend. C'era questa enorme industria dei periodici all'epoca che pagava molto bene per le storie, e gliene servivano molte. Il Saturday Evening Post ne pubblicava cinque a settimana. Colliers ne pubblicava cinque a settimana. Liberty ne pubblicava cinque a settimana. E le pagavano un sacco di soldi. Perciò ho cominciato a fare così e ne ho scritta una. E il Saturday Evening Post l'ha comprata e mi ha pagato un ottavo di quello che stavo facendo per la General Electric in un anno. Così ne ho scritta un'altra, e mi hanno pagato di più. E nel giro di un paio di mesi ho fatto molti più soldi di quelli che la General aveva previsto di darmi nel corso di un intero anno. Avevo i soldi ammucchiati! Non ero mai stato così ricco. C'era tutto questo denaro inutilizzato sparso per casa che era arrivato per posta. Ed è così che ho iniziato. Ora non c'è più quella opportunità per gli scrittori americani. Anche la tentazione di quei grandi guadagni con i periodici era parte di un sistema didattico. E venivi immediatamente penalizzato per qualsiasi errore. Scrivere per dei periodici mi ha insegnato un mucchio di cose su come raccontare una storia. Perché spedivo per posta la storia e aspettavo che tornassero indietro i soldi, ma i soldi non arrivavano. La storia, invece, tornava indietro, e mi dicevano cosa c'era che non andava. E avevano ragione.


"La Colazione dei Campioni" è il racconto dell'incontro di due uomini bianchi, solitari, macilenti e abbastanza anziani, su un pianeta che andava rapidamente morendo. Uno di questi era uno scrittore di fantascienza chiamato Kilgore Trout. Non era nessuno all'epoca e pensava che la sua vita fosse al termine. Si sbagliava. È diventato uno dei più amati e rispettati esseri umani della storia. Io so chi ha inventato Kilgore Trout. Sono stato io. L'ho fatto con i denti storti. Gli ho dato le stesse gambe che il Creatore dell'Universo ha dato a mio padre quando mio padre era un povero vecchio. Esangui come manici di scopa. Senza peli. Tutte nozzolute per via delle vene varicose.


"Parlami di Kilgore. Da dove è arrivato? Da dove hai preso spunto per inventarlo?"


Credo che, psicologicamente, Kilgore Trout sia quello che ho pensato dovessi diventare. Come ho detto, avevo notato quanto fossero poveri gli scrittori di fantascienza - io ero uno di loro a quel tempo, ed ero povero come lo erano loro. E avevo paura. Una donna scrisse un articolo molto documentato su di me. Non la conoscevo, però aveva un dottorato in letteratura ed era una critica. E disse che Kilgore nei vari libri rappresentava il mio stato psicologico in ognuno di essi. E Kilgore in effetti svolge dei lavori molto diversi, ed è descritto in modo molto diverso da libro a libro. E penso che avesse ragione, che è la misura di come mi sentissi.


Una storia di Trout era su un tragico fallimento in fatto di comunicazione. Ecco la trama:

Una creatura di nome Zog arriva sulla Terra su un disco volante per spiegare come evitare le guerre e curare il cancro. Porta queste sue informazioni da Margo, un pianeta i cui abitanti conversano tra loro emettendo scoregge e ballando il tip-tap. Zog sbarca di notte nel Connecticut. Ha appena messo piede a terra che vede una casa in fiamme. Vi si precipita dentro, scoreggiando e ballando il tip-tap, per avvertire gli abitanti del terribile pericolo che corrono. Il padrone di casa gli spacca il cranio con una mazza da golf.

"Perché Kilgore è così solo? Perché è così isolato?"


Ho detto qualcosa al riguardo, e penso che Kilgore sia sospettoso delle famiglie umane. Penso che tema il pensiero sotto pressione. Vuole essere libero di essere un pensatore originale e di pensare a tutto il genere umano, invece che solo ad un gruppo limitato. Mi sembrava che gli scrittori di fantascienza si stessero occupando dei più grandi quesiti del nostro tempo. Mentre gli scrittori più in voga e quelli più rispettati dai critici si stavano ancora confrontando con le sottigliezze del carattere umano, le motivazioni e tutto il resto. E nel frattempo avevamo creato queste macchine mostruose, gli schemi sociali e così via, che stavano avendo molta più influenza su di noi di qualsiasi altra cosa. Perciò ho creato Kilgore Trout per dire: forse questi soggetti non sanno scrivere così bene, ma di sicuro parlano di cose di cui bisogna parlare.


Voltaire, Von Braun, Von den Porten, Von Grunebaum, Von Hagen, Vonnegut Junior.

Piano meccanico, no, non lì.
"Madre notte"?
No, non in quello.
"Le sirene di Titano"?
No.
"Mattatoio n. 5 o La crociata dei bambini"?
Lì ci sono.
"Un pezzo da galera"?
Ci sono.
"Dio la benedica, Mr. Rosewater"?
Ci sono.
"Comica finale ovvero Non più soli"?
No.
"La colazione dei campioni o Addio, triste lunedì!"?
Ah, quello è tutto su di me.

E due mesi dopo che Trout ebbe ricevuto la prima lettera di un fan, gli feci trovare nella sua cassetta delle lettere un invito per partecipare ad un festival artistico nel Mid-West americano. 

"Mi è stato altamente raccomandato da Eliot Rosewater, che mi assicura che voi siete forse il più grande romanziere americano." Trout rise per quell'invito lusinghiero, ma subito dopo ebbe paura. Ancora una volta un estraneo stava trafficando con la privacy del suo body bag. 
"Mille dollari, Bill." Fece questa domanda al suo parrocchetto smunto, e lui ruotò gli occhi. 
"Perché questo improvviso interesse in Kilgore Trout, Bill?"
"Bill, non solo mi vogliono, Bill, mi vogliono in smoking. Forse mi hanno invitato, Bill, perché sanno che ho uno smoking. Che ne pensi, Bill? Già, Bill. È un assegno da mille dollari, Bill. Non ho mai visto così tanti soldi."

"C'è una lettera qui da Playboy, da Christie Hefner. È amica tua, giusto?"

"L'ho fotografata per Life."
"Sì, beh, io non ho mai incontrato né lei, né suo padre. Ma vogliono che vada lì per consegnare una specie di premio."
"Bene!"
"Scopriamo di cosa si tratta. È un ballo di beneficenza per le arti letterarie alla Chicago Library, e vogliono che sia il primo a ricevere il premio Freedom to Read della Chicago Public Library."

Trout aveva il suo smoking. Aveva una patina verdognola di muffa. La peluria in certi punti faceva pensare a rattoppi di fine pelliccia di coniglio. "Andrà benissimo per la serata, Bill." Disse Trout. Diede una passata allo smoking con un panno umido, e la muffa fu tolta con facilità. "Odio doverlo fare, Bill." Parlava della muffa che stava uccidendo. "Hanno lo stesso diritto di vivere che ho io. Sanno quello che vogliono, Bill. Che sia dannato se ne so più di loro." Poi pensò a cosa potesse volere Bill. Era facile indovinare.


"Bill," disse, "tu mi piaci tanto, e, nell'universo, io sono un tal pezzo grosso che farò avverare i tuoi più grandi desideri." Aprì lo sportellino della gabbia, ciò che Bill non sarebbe riuscito a fare neppure in mille anni. Trout richiuse lo sportello della gabbia e ci mise il fermo. "Bill, questo è l'uso più intelligente di un desiderio che mi risulti sia stato fatto. Ti sei assicurato di avere ancora qualcosa che vale la pena di desiderare: uscire dalla gabbia."


Non mi importa se le persone mi chiamano Kilgore. La maggior parte degli scrittori sono così ostili verso i libri che parlano della mia vita, come dicono convenzionalmente alcuni autori, che certi principianti sono tanto stupidi da pensare che stia parlando proprio della mia vita. E la mia posizione è che è tutto ciò che ho da dire. E mi prendo la piena responsabilità per aver vissuto ogni evento di ogni libro.


Non vi dirò quanto mi è costato questo schifoso libretto in soldi, tempo e ansietà. Quando tornai dalla Seconda guerra mondiale, ventitré anni fa, pensavo che mi sarebbe stato facile scrivere della distruzione di Dresda, dato che non avrei dovuto fare altro che riferire ciò che avevo visto. E pensavo anche che sarebbe stato un capolavoro o per lo meno che mi avrebbe fatto guadagnare un mucchio di quattrini, dato che il tema era così forte. Ma allora non mi venivano molte parole da dire su Dresda, o almeno non abbastanza da cavarne un libro. E non me ne vengono molte neanche adesso, che son diventato un vecchio rudere con tutti i suoi ricordi e le sue Pall Mall e i figli ormai grandi.


In tutti questi anni la gente che incontravo mi chiedeva spesso a cosa stavo lavorando, e di solito io rispondevo che la cosa più importante era un libro su Dresda. Lo dissi, una volta, a Harrison Starr, il produttore cinematografico, e lui aggrottò le sopracciglia e mi chiese: "È un libro contro la guerra?".

"Sì", dissi, "credo".
"Sa cosa rispondo quando uno mi dice che sta scrivendo un libro contro la guerra?"
"No. Cosa dice Harrison Starr?"
"Dico: perché non scrive un libro contro i ghiacciai, allora?"
Quello che voleva dire, naturalmente, era che ci saranno sempre le guerre, che impedire una guerra è facile come fermare un ghiacciaio. E lo credo anch'io.
E poi, anche se le guerre non fossero come i ghiacciai, ci sarebbe sempre la morte, la morte pura e semplice.

"Che diavolo succede?"

"Penso sia un raid. Stanno sgomberando i tavoli da gioco."

Gli americani, le loro guardie e Campbell si rifugiarono in un rimbombante deposito per la carne scavato nella roccia viva sotto il mattatoio. Quella notte non accadde nulla. Fu la notte successiva che morirono, a Dresda, centotrentamila persone.

Così va la vita.

I bombardieri pesanti della RAF assistono il generale Konev durante l'assalto. L'obiettivo è Dresda. La città veniva usata per spingere le truppe nei contrattacchi contro l'esercito russo a poche miglia ad est. L'attacco ha messo fine a ciò. Il cielo notturno è punteggiato di aerei, dai segnalatori multicolori e dalla nuovissima macchina contraerea tedesca, uno spaventapasseri progettato per prendere d'assalto e somigliare ad un aereo esploso dopo essere stato centrato. La scarica di elettricità statica causata dal grande freddo sporca queste magnifiche esplosioni. Dopo questi attacchi, l'agenzia estera tedesca fece un annuncio: Dresda è un cumulo di macerie. Era stata ridotta in polvere.


"Mattatoio n. 5" era l'unico libro che sentivo di dover davvero scrivere, perché, casualmente, mentre ero prigioniero americano in Germania, fui presente quando Dresda venne distrutta. Non avevo mai visto nessuna città venire bombardata, e mi sembrava piuttosto elaborato, quello che avevo visto. Quando tornai a casa, non c'era nulla sui giornali che parlasse del bombardamento di Dresda. Così conclusi che non dovevo aver visto nulla di così eccessivo mentre ero in guerra. E col passare degli anni, venne fuori che quello fu il più grande massacro singolo della storia europea. Centomila persone o più furono uccise a tempo di record mondiale. Non so di altri esseri umani che siano mai stati uccisi così velocemente. Non furono uccisi così in fretta né a Nagasaki, né ad Hiroshima. Dato che ero stato lì, e dato che ero uno scrittore professionista, ho pensato: va bene, devo dire qualcosa riguardo questa storia. E così ho provato, provato e provato. Ed ho scritto delle parti per un romanzo adatto a Duke Wayne e Frank Sinatra e forse Douglas Fairbanks Jr. E non funzionava, non funzionava. Ed ho pensato che il problema fosse che non si poteva raccontare un massacro di tale portata. Poi un'amica di un mio compagno di guerra mi diede lo spunto su come scrivere questo libro. Quello che disse fu: eravate solo dei bambini all'epoca. Così ho fatto in modo che i miei eroi fossero quei bambini che io e tutti i miei amici eravamo effettivamente allora. Diciotto, diciannove e vent'anni. La cosa funzionò.


Sopra si sentivano come dei passi di giganti: erano grappoli di bombe ad alto potenziale che cadevano. I giganti non la smettevano più di camminare. Ogni tanto una guardia andava in cima alle scale a vedere che cosa stava succedendo là fuori, poi tornava giù e bisbigliava qualcosa alle altre. C'erano degli incendi, fuori.  Dresda era tutta una sola, grande fiammata. Quell'unica fiammata stava divorando ogni sostanza organica, ogni cosa capace di bruciare. Non fu prudente uscire dal rifugio fino a mezzogiorno dell'indomani. Quando gli americani e le loro guardie vennero fuori, il cielo era nero di fumo. Il sole era una capocchia di spillo. Dresda ormai era come la luna, nient'altro che minerali. I sassi scottavano. Nei dintorni erano tutti morti.

Così va la vita.

Vennero scavate subito molte buche. Nessuno sapeva cosa si sarebbe trovato. Non c'erano mezzi meccanici. Nemmeno i cavalli o i muli o i buoi potevano attraversare la superficie lunare. Un soldato tedesco scese nell'oscurità con una pila, e scomparve per un pezzo. Quando finalmente tornò su, disse a un superiore sul bordo della fossa che là sotto c'erano dozzine di corpi. Così ebbe inizio la prima miniera di cadaveri di Dresda. C'erano in funzione, qua e là, centinaia di miniere di cadaveri. Al principio non puzzavano, erano come musei delle cere; ma poi i corpi cominciarono a imputridire e a liquefarsi, e c'era un odore come di rose e iprite.

Così va la vita.

Perciò quello che accadde fu che diventammo dei minatori di cadaveri. E questo era un lavoro enorme, e dopo che furono passati un paio di giorni, divenne ovvio che non saremmo riusciti a recuperarli tutti fuori da lì. Per questo si ideò una nuova tecnica, in cui noi entravamo in un rifugio antiaereo e lo aprivamo. Ne cercavamo uno, lo aprivamo, e lo illuminavamo. Era in effetti quello di cui si trattava. E poi un soldato tedesco si calava di sotto con un lanciafiamme e cremava i corpi lì sul posto. Io ho, a quel tempo, per un breve periodo, avuto a che fare con un enorme numero di corpi. E vedevo queste spettacolari piramidi di cadaveri alternati alla legna, a cui veniva dato fuoco per ragioni sanitarie.


"Nello scrivere il libro, una delle più curiose idee letterarie, per me, è l'aver inserito l'elemento fantascientifico - quasi un elemento comico."


Gli episodi fantascientifici erano un esperimento. Quando stai scrivendo un libro, non sei legato a nulla. Non sei nemmeno legato al libro stesso. Io ho gettato via interi libri, certe volte. Così ho sperimentato con delle idee fantascientifiche, usandole come un aiuto. Come per prendere una certa distanza da un'atrocità di questa portata, per vedere davvero quanta importanza potesse avere a distanza di tempo. E l'elemento fantascientifico sembrava funzionare, sembrava essere divertente e sembrava alleggerire tutta la faccenda, così l'ho tenuto.


E Billy viaggiò nel tempo fino allo zoo di Tralfamadore. Aveva quarantaquattro anni ed era in mostra sotto la cupola geodetica. Qualcuno tra la folla dello zoo gli domandò quale fosse la cosa più importante che aveva imparato su Tralfamadore fino a quel momento. E Billy rispose: ho imparato come gli abitanti di un intero pianeta possano vivere in pace. Come sapete, io vengo da un pianeta che da tempo immemorabile non fa che compiere massacri insensati. Io stesso ho visto corpi di ragazzine bollite vive dentro un serbatoio dai miei compatrioti. Questo era vero. Billy aveva visto dei corpi bolliti a Dresda. E mi sono fatto luce in prigione, quando era notte, con candele fabbricate col grasso di esseri umani. Se per il momento altri pianeti non sono minacciati dalla Terra, presto lo saranno. Ditemi dunque il segreto, così lo porterò sulla Terra e saremo tutti salvi: come può un pianeta vivere in pace?


L'uomo nel letto vicino a quello di Billy era un ex capitano di fanteria che si chiamava Eliot Rosewater. Fu Rosewater che fece conoscere a Billy la fantascienza e in particolare i libri di Kilgore Trout. Kilgore Trout divenne l'autore preferito di Billy, e la fantascienza diventò l'unico genere di storie che potesse leggere. Sia Billy che Rosewater avevano trovato la vita insensata, in parte a causa di ciò che avevano visto in guerra. Ora stavano cercando, tutt'e due, di ritrovare se stessi e il proprio universo. La fantascienza era un grosso aiuto in questo.


Trout faceva un'altra cosa che certuni avrebbero giudicato eccentrica: chiamava gli specchi "falle". Lo divertiva pensare che gli specchi fossero buchi tra due universi. Se vedeva un bambino davanti a uno specchio, scuoteva il dito con aria d'ammonimento e diceva, tutto serio: "Non avvicinarti troppo a quella falla. Non vuoi essere risucchiato in un altro universo, vero?"


Spesso ho creato dei personaggi nei romanzi che richiamano le storie di Kilgore Trout e le riassumono in un paio di battute. C'era questa idea che avevo e volevo inserire nel libro, sulla morte, la perdita e tutto il resto. C'è questa spedizione terrestre nelle profondità dello spazio, in esplorazione. E il cappellano militare chiama uno della spedizione per dirgli che ci sono brutte notizie da casa. E prova a indovinare da solo se il cane è morto, o se per caso è morta sua sorella, sua mamma o il papà.

"No, è la tua intera galassia."

C'erano un milione di miliardi di nazioni nell'Universo, ma la nazione alla quale appartenevano Dwayne Hoover e Kilgore Trout era l'unica ad avere un inno nazionale costellato di punti interrogativi.

Ecco come si presentava la bandiera di quella nazione.
I colleghi di Trout ignoravano completamente che fosse uno scrittore. Nessun editore degno di questo nome aveva mai sentito parlare di lui, benché avesse già scritto centodiciassette romanzi e duemila racconti all'epoca in cui incontrò Dwayne.
Prendeva i nomi e gli indirizzi degli editori da riviste dedicate all'editoria. Fu così che si mise in contatto con una casa editrice di Los Angeles, in California, che pubblicava pornografia. Adoperavano i suoi racconti per dar corpo a libri e riviste di foto piccanti, e spesso gli cambiavano i titoli.
L'uomo di paglia pangalattico, per esempio, divenne Lingua matta.

"Orge per scambisti," no.

"A Trout..." No, "Al trotto." "Ora si può dire" di Kilgore Trout. "La biblioteca proibita", è questo qui.

Desiderava arrivare a Midland City come il più barbone dei barboni. Doveva partecipare a un simposio che aveva per tema "Il futuro del romanzo americano nell'era di McLuhan." E aveva intenzione di dire, a quel simposio:

"Questo McLuhan, chiunque sia, sa dirci qualcosa sul rapporto tra le tope spalancate e la vendita di libri?"

Per un motivo o un altro, ho trovato molto congeniale scrivere brevi episodi, brevi paragrafi, e separarli con alcuni espedienti tipografici. Come sia venuto fuori, non lo so. Può darsi per via della mia formazione giornalistica - le storie sui giornali sono abbastanza corte, e una volta che la storia era stata scritta, grazie a Dio, quella era la storia. E non c'era altro da aggiungere. In quel modo posso tenere il ritmo. In più, vado matto per le battute. E così i miei libri tendevano ad essere dei mosaici, dei romanzi a fumetti più che dei romanzi tragici. Ho imparato, mentre studiavo antropologia, che le ossessioni variano da società a società e che una società si focalizzerà su un bisogno o un altro tra tutti quelli che hanno gli esseri umani. E così ho immaginato una società dove l'enfasi ricadeva sul cibo, e, ovviamente, il mondo è pieno di queste società, ora come ora.


Ecco come si prepara la focaccia di granturco del Pink Teacup. Prima cosa, aggiungete il latte. Dopo aggiungete due uova con un po' d'acqua. Poi aggiungete il lievito in polvere. Mescolate per bene. Poi la mettete in forno. A quattrocento gradi. Questo è il modo in cui prepariamo la focaccia di granturco del Pink Teacup. Vi piacerà non appena l'assaggerete.


Ho fatto un esperimento inserendo delle ricette ne "Il grande tiratore", che è un libro estremamente cupo. L'ho trovata subito un'idea molto divertente. Avevo già il personaggio, un cuoco davvero bravo, e, per fare una prova, gli ho fatto dire la ricetta di qualcosa di cui andava particolarmente fiero. Era molto divertente l'effetto sulla pagina. E poi sembrava anche molto appetitosa. E mi sono reso conto che funzionava così come la musica in alcune produzioni teatrali. È piacevole ascoltare la melodia, un sollievo. La ricetta funzionava allo stesso modo, dato che quasi tutti vanno matti per il cibo.


Vedo il mondo come farebbe un visitatore da Marte. Così fa Kilgore Trout. Kilgore Trout provò ad addormentarsi in un cinema di New York City. Era molto più economico di una notte in albergo. Trout non l'aveva mai fatto prima, ma sapeva che dormire nei cinema era quel genere di cosa che facevano i vecchi sporcaccioni. Il cinema dove Trout prese posto non proiettava altro che film a luci rosse. La musica era rilassante. Sullo schermo le ombre di un giovane uomo e una giovane donna si leccavano con grazia i rispettivi morbidi orifizi. Trout creò un nuovo romanzo mentre stava seduto lì. Parlava di un astronauta terrestre che era arrivato su un pianeta dove tutti i viventi animali e vegetali erano stati uccisi dall'inquinamento, eccetto gli umanoidi. Gli umanoidi mangiavano cibo fatto col petrolio e il carbone. Chiesero a Don se i film a luci rosse fossero un problema anche sulla Terra. E Don disse di sì. Gli chiesero se i film fossero davvero spinti, e Don rispose che erano più spinti che mai. Questa era una sfida per gli umanoidi, che erano così sicuri che i loro film a luci rosse potessero battere tutti quelli della Terra. Perciò tutti quanti salirono su degli hovercraft e volarono verso un cinema in centro. La sala si oscurò e le tende si aprirono. E poi cominciò il primo spettacolo. Era su un uomo e una donna e i loro due bambini e il loro gatto. Mangiavano ininterrottamente per un'ora  e mezza. La telecamera raramente si allontanava più di mezzo metro dalle loro labbra scintillanti e dai loro pomi d'Adamo sobbalzanti. Poi il padre mise il gatto sul tavolo, così che anche lui potesse partecipare a quell'orgia. Dopo un po', gli attori non riuscivano più a mangiare. Erano così pieni che avevano gli occhi fuori dalle orbite. Riuscivano a malapena a muoversi. Dissero che non pensavano di poter mangiare più per almeno una settimana, e così via. Il pubblico era impazzito.


Tutti i miei libri possono essere interpretati come etnografia, dal momento che ero stato trasformato in un viaggiatore dagli occhi ben aperti dall'Università di Chicago. Da antropologo, ho imparato a mettermi al di fuori della mia stessa società. E le persone hanno detto che sono come un marziano in visita sulla terra. Sono stato addestrato ad avere questo atteggiamento mentre osservavo le società e le esaminavo, ed era molto facile, per me, mettermi al di fuori della mia stessa cultura. Ho scoperto che molte persone sono totalmente incapaci di farlo. È un trucco da quattro soldi completamente fuori dalla loro portata. Sostengono che la cultura sia talmente immutabile che è come se fosse la loro pelle, e la mia richiesta di mettersi al di fuori della loro cultura è come volergli chiedere di uscire fuori dalla loro pelle.


"Dove sono?" disse Billy Pilgrim. "Procediamo verso una distorsione temporale che ci permetterà di arrivare a Tralfamadore in poche ore anziché qualche secolo."

"Come ho fatto ad arrivare qui?"
"Ci vorrebbe un altro terrestre per spiegarglielo. I terrestri sono bravissimi a spiegare le cose, a dire perché questo fatto è strutturato in questo modo, o come si possono provocare o evitare altri eventi. Io sono un tralfamadoriano, e vedo tutto il tempo come lei potrebbe vedere un tratto delle Montagne Rocciose. Tutto il tempo è tutto il tempo. Non cambia. Non si presta ad avvertimenti o spiegazioni."

Il grosso del mio lavoro è stato scritto a Cape Cod, dove ho vissuto dal 1950 fino al 1970, e in effetti  ha rappresentato probabilmente la parte più consistente della mia vita creativa, così come la vita creativa di Mark Twain era praticamente finita quando aveva cinquantasei anni. Penso sia un'esperienza normale, per gli scrittori americani, l'aver realizzato la maggior parte dei lavori quando arrivano a quell'età. E sarei dovuto essere abbastanza soddisfatto per aver creato quello che avevo fatto fino al 1970, quando finalmente lasciai Cape Cod. Di solito facevo delle passeggiate verso le paludi salmastre che c'erano lì, e le oche volavano sopra di me. Tornavo a casa dopo una camminata di quattro ore, sentendomi benissimo, sentendomi davvero in forma e felice, ma senza essere cambiato. Penso che fosse la forma più profonda di sonno, in realtà.


"Signore e signori, se mi trovo davanti a voi adesso è perché non ho mai smesso di gingillarmi come un bambino di otto anni che sta andando a scuola in un mattino di primavera. Qualunque cosa può farmi fermare per guardare e meravigliarmi, e talvolta imparare. Sono un uomo molto felice. Vi ringrazio."


Quando ero lì a Cape, mi mettevo davvero a parlare da solo. E ho smesso di farlo. Davvero non so il perché. Ho paura che qualcuno possa sentirmi mentre lo faccio e mi porti in un manicomio, credo. Ma quando ero più giovane, provavo ad alta voce tutti i dialoghi, e dicevo delle frasi solo per sentire che suono avessero e se potessero essere pronunciate facilmente.


"La cesta del gatto, guarda la cesta del gatto. Guarda dove dorme il bel micetto. Miao, miao." Restò sorpreso quando riuscì a fare la cesta del gatto con lo spago, e forse si ricordò della sua infanzia. Fece una cosa che non aveva mai fatto. Provò a giocare con me. E poi si mise a cantare.


"Dondola bel gattino, in cima all'albero

quando soffia il vento, la cesta dondolerà.
Ma se si spezza il ramo, la cesta viene giù
e con la cesta, micio, cascherai giù anche tu."


"Cat's cradle" (Ghiaccio-nove) è un romanzo fantascientifico, e il grande ingrediente magico presente nel libro è un tipo di acqua congelata che è stabile a temperatura ambiente. Se questo tipo di sostanza dovesse disperdersi sulla terra, provocherebbe il congelamento di tutta l'acqua. E l'acqua scomparirebbe dalla faccia della terra. Anche questo romanzo è stato ispirato dal reparto scientifico alla General Electric. A quei tempi era quasi un'abitudine, per i ricercatori scientifici, essere indifferenti riguardo quello che accadeva con le loro scoperte, dato che erano solo interessati alla verità. E io penso che il governo fosse molto interessato nel fare in modo che questi scienziati sentissero di non essere in alcun modo associati alle armi, così avrebbero potuto continuare le ricerche in allegria. Ho lavorato lì come pubblicitario con Irving Langmuir, uno dei vincitori del premio Nobel per la fisica - a quei tempi era solo uno che lavorava nell'industria privata - ed era inconsapevole in modo esasperante. E mi sembrava sbagliato, considerando alcune delle sue scoperte, che potesse essere tanto indifferente riguardo quello che sarebbero diventate. E così questa spaventosa sostanza, che è stata scoperta da un uomo che è solamente interessato alla verità, finisce nelle mani di un dittatore e, per non tenervi sulle spine, il mondo finisce.


Aprii i miei occhi, e tutto il mare era di ghiaccio-nove. La terra era chiusa a doppia mandata. Era inverno, adesso e per sempre. "Ehilà? Ehilà?" Gridai tra le rovine del palazzo. I venti spaventosi avevano scavato dei canyon tra quella grande catasta di pietre. L'arco della porta del palazzo era l'unica opera umana ancora intatta. Scritto sulla base c'era un Calypso.


"Un giorno, un giorno, questo pazzo mondo finirà,

e il nostro Dio, ciò che ci ha prestato, si riprenderà
e se in quel triste giorno vi unirete in protesta
andate dritti da lui e sgridatelo.
Lui sorriderà e farà solo un cenno con la testa."

Sono nato nel 1922, e all'epoca avevo un padre e un fratello che credevano fortemente nella tecnologia e che il mondo stesse per essere ricostruito. Anche io ero entusiasta per questa cosa. E una volta scrissi che, quando avrei avuto trent'anni, il Popular Mechanics Magazine avrebbe avuto una foto a colori di Dio in copertina. La scienza avrebbe messo Dio all'angolo e Dio avrebbe acconsentito a posare e a rispondere ad ogni domanda che avrebbero potuto ancora avere. Anche io credevo molto nella verità, nella verità scientifica. E poi, come ho scritto una volta, la verità alla fine venne sganciata su Hiroshima. E così diventai atrocemente disilluso, come se, in realtà, avessi perso la mia innocenza nel momento in cui la bomba venne sganciata su Hiroshima. Ero con mio fratello scienziato quando giunse la notizia - quando lo venimmo a sapere dai giornali. Io ero appena tornato a casa dalla guerra in Europa, ed ero a casa in licenza. Qui i giornali parlavano della bomba atomica. E mio fratello sapeva esattamente di cosa si trattasse, e che non era qualcosa come la polvere da sparo, la dinamite o il tritolo. Questo segnava un nuovo livello di distruzione. E le persone solo ora, i normali cittadini, solo ora si rendono conto di quanto siano devastanti queste armi, e che segnano, in effetti, un nuovo ordine di violenza.


Sono imbarazzato. Siamo tutti imbarazzati. Noi americani abbiamo guidato il nostro destino in modo così goffo mentre il mondo stava guardando, che adesso dobbiamo proteggerci dal nostro governo e dalle nostre industrie. Abbiamo scoperto un metodo nuovo di zecca per suicidarci. Qual è il metodo? Non dire e non fare nulla  riguardo quello che i nostri uomini d'affari e gli uomini dell'esercito stanno facendo con le sostanze più instabili e i veleni più resistenti che si possano trovare da qualsiasi parte nell'universo. Le bugie con cui ci hanno riempito riguardo l'energia nucleare, sono state abilmente confezionate come fossero dei capolavori di Benvenuto Cellini. Se glielo lasciamo fare, loro uccideranno qualsiasi cosa su questo adorabile pianeta verde-azzurro con le obiezioni a quello che stiamo dicendo adesso. Con le loro feroci, stupide bugie.


Bambino privo di sensi con un taglio alla testa. Questa è la stazione 61, andate avanti. Stiamo trasportando una paziente femmina di undici anni.


Ora ho visto coi miei occhi cosa può fare una bomba al neutrone ad una città. La storia ufficiale è che un camion americano stava trasportando questa bomba americana sull'interstatale, e la bomba si è staccata. C'era stato questo bagliore. Era stato un incidente, presumibilmente. Il camion, se davvero c'era stato un camion, sembrava trovarsi proprio dalla parte opposta del nuovo Holiday Inn quando la bomba si staccò. Ma la maggior parte delle strutture sono state lasciate in piedi e con tutti i mobili. Mi è stato detto che ognuno dei televisori del nuovo Holiday Inn è ancora perfettamente funzionante.

Noi eravamo in quattro. La moglie di Ketchum e la moglie di Felix non erano volute venire. Avevano paura della radioattività. Non eravamo riusciti a persuadere quelle anime superstiziose che il bello della bomba a neutroni è che non si lascia dietro alcuno strascico di radiazioni. Felix e io ci eravamo imbattuti nella stessa forma di ignoranza, al momento di seppellire la mamma accanto a nostro padre, al Cimitero del Calvario. La gente si rifiutava di credere che lei non fosse radioattiva. Tutti erano convinti che avrebbe fatto luccicare le altre salme, nell'oscurità, e che si sarebbe infiltrata nell'acquedotto e così via.

E non vedo come possa esimermi dal porre questo interrogativo: importa qualcosa a qualcuno, che tutti questi spiragli siano stati richiusi così all'improvviso? Dato che tutte le cose sono rimaste indenni, ha il mondo perduto alcunché che amava?


"Qual è lo scopo della vita?"

Trout si frugò in tasca in cerca di una matita o di una penna. Aveva una risposta per quella domanda, ma non aveva niente con cui scriverla. "Lo scopo della vita? Essere gli occhi e gli orecchi e la coscienza del Creatore dell'Universo. Imbecille."

Il mio desiderio è essere un buon cittadino. Come lo era mio padre. Era un uomo utile alla comunità, così come lo erano tutti i miei antenati ad Indianapolis. Erano impegnati civicamente e io volevo essere d'aiuto per la mia comunità. Frequentai la scuola pubblica ad Indianapolis, durante un periodo molto idealistico di questo paese. Negli anni '30 c'era la Grande Depressione che avanzava. Per cui ci chiedevamo: cosa possiamo fare per far ripartire nuovamente il paese? Tutti i generi di idee furono proposte- idee socialiste, idee comuniste, idee fasciste, qualsiasi idea. La domanda che era nell'aria era: come rendere l'America più razionale, così tutti possano di nuovo tornare a lavorare? E quando finii le scuole medie, proprio verso la fine dell'anno scolastico, come ogni membro della mia classe di questa piccola scuola lì ad Indianapolis dichiarai cosa avrei fatto per questa società. Giurai di fare del mio meglio per curare il cancro ma non raggiunsi quel grande obiettivo. Però c'era una malattia con cui potevo confrontarmi, ed è quella che sto affrontando ora. Di solito didatticamente, ma anche indirettamente nei romanzi, tratto le armi da fuoco come una malattia. Sono una malattia terribile in questo paese e in tutto il mondo, ovviamente, durante i periodi di guerra. Questi strumenti non hanno diritto di esistere più del vaiolo.


Eleganti vestiti a prova di proiettile. Ogni cinquanta secondi negli Stati Uniti, qualcuno viene derubato o aggredito. Per tutta risposta, la John Jolcin Protective Fashion ha inaugurato una collezione unica di moda a prova di proiettile. Le giacche e i mantelli hanno uno scudo facilmente rimovibile, e sono perfettamente efficaci contro una vasta gamma di pistole da una calibro 22 a una magnum calibro 357. Qui abbiamo Martin che indossa la camicia con una giacca da abito da sera. Craig indossa una giacca da caccia blu marino con una fodera scarlatta antiproiettile. Sue indossa una giacca da sci  antiproiettile color prugna. Denise e Craig indossano impermeabili antiproiettile. Denise e Sue indossano una volpe azzurra di Norvegia e una abito lungo in pelliccia di visone a prova di proiettile, mentre Craig si affaccia indossando il suo smoking antiproiettile. La moda a prova di proiettile non solo potrebbe salvare la vostra vita, potrebbe cambiarvela.


"Il grande tiratore" è ambientato nella città immaginaria di Midland City, Ohio, la stessa città in cui è ambientato "La colazione dei campioni". Di nuovo una grigia città industriale del Mid-West. E la storia è raccontata da un ragazzo... da un uomo che ora ha 50 anni. Suo padre è un collezionista di pistole, matto per le pistole, un americano molto comune che possiede centinaia di belle pistole e un figlio a cui ha fatto prendere confidenza con esse. Il ragazzo sta giocando con una pistola, un pomeriggio, dopo averla pulita. Ha dodici anni. Spara contro una finestra. In parte accidentalmente, in parte intenzionalmente, senza l'idea di voler colpire qualcuno. E uccide una casalinga incinta che stava facendo le pulizie a sei isolati di distanza. 


Era la Festa della Mamma, per la maggior parte delle persone, ma per me, era il giorno in cui, pronto o no, ero diventato un uomo. Avevo ucciso le galline. Ora ero diventato il padrone di tutte quelle pistole e di tutte quelle munizioni. Era qualcosa da assaporare. Era qualcosa a cui pensare. Avevo un po' di munizioni nel taschino. Stavano lì già dal mattino. Era una bella sensazione. Le inserii nel caricatore del fucile, visto che sapevo che al fucile piaceva così tanto. Ora il fucile era armato con un caricatore pieno che stava confortevolmente al suo posto. Per una persona così a suo agio con le armi da fuoco come lo ero io, questo non rappresentava nessun tipo di impegno. Potevo lasciare il martello dolcemente abbassato senza azionare il caricatore, e poi potevo tirare indietro l'otturatore, così da estrarre il caricatore pieno e gettarlo via. Invece, premetti il grilletto.


United Flight 903, servizio nonstop per Chicago, proseguirà per Salt Lake City. Nella tasca del sedile davanti a voi trovate una scheda dove sono descritte le misure di sicurezza di questo aeroplano. Per favore prendetelo dalla tasca e seguite le indicazioni, mentre vi illustriamo alcuni punti molto importanti.


The London Times.

"Il grande tiratore", di Kurt Vonnegut.
Non si può non riconoscere il tono, quel tono vivace, sconnesso e informale che dice: "Ascoltatemi, vi sto raccontando una storia." Vi piacerà. Questo è l'ennesimo romanzo di Kurt Vonnegut, ma ne "Il grande tiratore", lo scrittore è diventato più disordinato e l'invenzione molto meccanica. La semplicità della visione morale ora sembra bizzarra. Quello che una volta era il modo per illuminare il lettore ora è diventato il modo più semplice per intrattenerlo. L'azione sembra costruita perché è troppo studiata, come se tutto il caos e la confusione che una volta Vonnegut celebrava fossero degenerati in un torpore immaginativo da cui non riesce a liberarsi.

Quello che fanno i critici, una cosa molto strana, è che ti allontanano dai tuoi primi libri, come se li avesse scritti un'altra persona. Alcune recensioni dei libri somigliano alla corte marziale di Dreyfus - sapete, quando dispongono il reggimento a quadrato e Dreyfus viene fatto avanzare al centro. E gli tolgono anche tutte le sue mostrine, che erano tutte le cose che aveva fatto fino a quel momento, così come tutti i libri che ho scritto finora. Mentre li tolgono, prendono la mia sciabola, che è forse l'unico libro davvero buono che io abbia scritto, Mattatoio n.5. E  l'ufficiale la piega sopra al suo ginocchio e me la restituisce. C'è una grande opposizione, penso, ora, per le persone che sono nel giro da molto tempo. O che sono state sotto l'occhio pubblico troppo a lungo. E classifichiamo le persone come appartenenti agli anni '60 o '70. Dovremmo avere delle persone per gli anni '80, adesso.  Potrebbero avere ragione. Sapete, io non sono tutta questa novità, ma posso guardarmi in giro e vedere persone che scrivono dei libri orribili. E se altre persone scrivono libri orribili, perché non posso farlo io? Non mi sembra così impossibile.


Trout sapeva di apparire molto ridicolo. Si aspettava di essere accolto in maniera indegna, sognava di portare lo scompiglio al Festival. Voleva essere trattato come uno scarafaggio.

"Lei è uno scrittore?"
"Sì."
"Ho paura di non leggere quanto dovrei."
"Tutti abbiamo paura di qualcosa. Io ho paura del cancro, dei topi e dei dobermann pinschers."
"Dovrei saperlo, ma non lo so, quindi sono costretta a chiederglielo. Qual è la cosa più famosa che ha scritto?"
"Un racconto sul funerale di un grande cuoco francese."
"Oh?
"Sì. Al funerale sono presenti tutti i grandi chef del mondo. È una bella cerimonia. Un istante prima che la bara venga chiusa, i presenti spargono prezzemolo e paprica sul morto."
"Sembra interessante."

Kilgore Trout immaginava che il Festival delle Arti avrebbe avuto luogo lo stesso quella sera. Non disponeva di soldi per prendere un mezzo di trasporto e così si avviò a piedi. Iniziò la passeggiata di otto chilometri lungo il Fairchild Boulevard,verso una macchiolina color ambra all'altro estremo. Quella macchiolina era il Centro delle Arti di Midland City. Man mano che vi si avvicinava si sarebbe ingrandita, e alla fine della camminata sarebbe stata abbastanza grande da inghiottirlo. Dentro ci sarebbe stato da mangiare.

Trout fu accolto con un'abbagliante venerazione. "Mr. Trout," dissero rapiti, "Midland City non sarà più conosciuta semplicemente come la patria di Mary Alice Miller, la campionessa mondiale dei duecento metri farfalla femminili. Sarà anche la città che per prima ha riconosciuto la grandezza di Kilgore Trout. Abbiamo provato a cavarcela troppo a lungo coi soldi, il sesso, l'invidia, le vendite immobiliari, le automobili, la televisione e l'alcol. Siamo pronti per un Rinascimento, Mr. Trout. Lei sarà il nostro Leonardo."

Ero arrivato al Festival delle Arti in incognito. Non vi tenevo a essere riconosciuto. Avevo comprato un paio di occhiali da sole in un Holiday Inn alla periferia di Ashtabula, Ohio, dove avevo passato la notte precedente. Le lenti erano argentate, erano specchi per chiunque mi guardasse negli occhi. Mentre l'altra gente lì nel bar aveva occhi, io avevo due buchi verso un altro universo. Avevo due "falle". Lì nella penombra del bar io ero sullo stesso piano del Creatore dell'Universo. Ridussi dunque l'Universo a una palla di un anno luce esatto di diametro. Lo feci esplodere e disperdere di nuovo. La cameriera mi servì un'altra volta da bere.


"Cosa riesce a vedere nel buio, con gli occhiali da sole?"

"Il grande spettacolo nella mia testa," risposi.
"Oh," fece lei.
"Posso predire il futuro," dissi. "Vuole farsi predire il futuro?"
"Veramente no," rispose lei.

Se ne tornò al bar e lei e il barista si scambiarono qualche parola sul mio conto, credo. Il barista lanciò infatti parecchie occhiate ansiose dalla mia parte. Non mi dava pensiero per il fatto che potesse chiedermi di lasciare il locale. Lo avevo creato io, dopotutto. Trout sudava freddo. Tutto quello che riusciva a vedere di me era soltanto il riflesso delle fiamme delle candele sugli occhiali a specchio che portavo, sulle mie "falle". Il fatto è che Trout era l'unico personaggio da me mai creato che avesse abbastanza immaginazione da sospettare d'essere la creazione di un altro essere umano. Aveva parlato parecchie volte di questa possibilità col suo parrocchetto. Gli aveva detto per esempio: "Quant'è vero dio, Bill, per come vanno le cose posso solo pensare d'essere il personaggio di un libro scritto da qualcuno che vuole raccontare di qualcun altro che soffre in continuazione."


"Qui a Chicago, secondo l'Ufficio per la Libertà Intellettuale dell'Associazione Bibliotecaria Americana, mentre agli inizi degli anni '70, i reclami per bandire dei libri erano più o meno cento all'anno, nel 1981, questi stessi reclami per libri da bandire o effettivamente messi al bando o per censurare dei libri, sono stati mille. Se dovesse servirvi un esempio della tragica assurdità della censura, bisognerebbe dirvi che nella lista degli autori maggiormente censurati ci sono i lavori di Kurt Vonnegut Jr. Come segno di riconoscenza per la sua dedizione nella salvaguardia del libero accesso alle idee e all'informazione, è con grande piacere che consegno questo premio a Kurt Vonnegut Jr."


Sto provando a ripulire la mia testa da tutta l'immondizia che c'è - le teste di cazzo, le bandiere, le mutande. Sto buttando via anche i personaggi da tutti i miei altri libri. Non metterò più in scena questi teatrini. Sto provando, credo, a svuotare la mia testa così com'era quando sono venuto al mondo su questo pianeta avariato cinquant'anni fa.  


Stavo aspettando di intercettare Kilgore Trout a sei isolati di distanza, seduto in una Plymouth Duster noleggiata all'Avis con la carta del Diner's Club. In bocca avevo un tubo di carta riempito di foglie. Gli diedi fuoco. Era una cosa molto soigné da fare. Trout stava galoppando quando lo affiancai. Verificai che faceva diciassette chilometri all'ora, il che era ottimo per un uomo della sua età.


"Oh, Mr. Trout! Oh! Oh, Mr. Trout!"

"Mr. Trout," dissi dall'interno non illuminato della mia automobile, "non ha niente da temere. Le porto bellissime notizie." Ci mise tempo a riprendere fiato, quindi agli inizi non fu granché come conversatore.
"Lei è del festival delle arti?" disse.
Roteava continuamente gli occhi.
"Sono del festival di Tutto," risposi.
"Eh?" disse.
"Mr. Trout," dissi, "sono uno scrittore e l'ho creata per usarla nei miei libri."
"Ha una pistola?" chiese.
"Non ho bisogno di una pistola per controllarla, Mr. Trout. Mi basta solo scrivere qualcosa su di lei, tutto qui. Io renderò liberi tutti i personaggi letterari che mi hanno servito con fedeltà durante la mia carriera di scrittore. Si alzi, Mr. Trout. Lei è libero, lei è libero. Avrei potuto stringergli la mano, ma la sua destra era ferita, e così le nostre mani rimasero lungo i fianchi.
"Bon voyage," dissi.

E scomparvi. Capitombolai pigramente e piacevolmente nel vuoto, che è il mio nascondiglio preferito quando mi smaterializzo. Le grida che Trout mi lanciò dietro s'affievolirono man mano che la distanza tra noi aumentava. La sua voce era la voce di mio padre. Udii mio padre e vidi mia madre nel vuoto. Ecco cosa gridò Kilgore Trout con la voce di mio padre:

"Fammi giovane, fammi giovane, fammi giovane!"


















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